Cortisolo e insulino resistenza

Cortisolo e insulino resistenza

Il cortisolo è l’ormone che produciamo in risposta a situazioni di stress cronico e duraturo, il suo ruolo è quello di permetterci di affrontare una situazione di stress, di lottare o fuggire oppure quello di “spegnere” una infiammazione. Quale che sia dei due motivi egli ci da energia per superare queste situazioni critiche (stress e/o infiammazione) liberando zuccheri nell’organismo. Come fa a creare un rialzo glicemico?

Semplicemente distruggendo proteine muscolari per andare a prendere zucchero da alcuni amminoacidi (mattoni di base delle proteine) detti glucogenetici ossia che possono liberare zucchero con il processo della gluconeogenesi, come la Glicina, la Gluttamina, la Beta Alanina etc. Inoltre il cortisolo stesso è un glucocorticoide cioè una sostanza che quando viene eliminata rilascia zuccheri.

Il cortisolo rimuove i recettori dell’insulina per non bruciare zuccheri e per metterli in riserva come scorta energetica.

Il cortisolo si serve di una sostanza detta Neuropeptide Y, un polipeptide molto diffuso nel sistema nervoso centrale e periferico che aumenta l’appetito e trattiene i grassi in riserva 4 volte più che in situazioni normali di non stress o di non infiammazione (Kuo et al., 2007; Warne & Dallman, 2007).

Va da sé che se questa è la causa maggiore per cui si ingrassa allora è diventa difficile solo con dieta ed esercizio fisico, bisogna rimuovere le cause per cui il cortisolo è eccessivo cioè lo stato di infiammazione cronica.

Una volta che si ingrassa poi è ancor più difficile perché la cellula grassa libera essa stessa sostanze infiammatorie che mantengono alto il cortisolo stesso creando un circolo vizioso.

 

Effetti dell’eccesso di cortisone:

-Attiva la GLUCONEOGENESI a partire dalle proteine

-Attiva la degradazione del glicogeno

-Stimola la sintesi di tessuto adiposo e ne impedisce il rilascio

-Riduce la sintesi proteica (tranne che per il tessuto epatico)

-Riduce l’efficacia della risposta immunitaria antivirale e antitumorale Th1 incrementando contemporaneamente la produzione di citokine attivatrici del sistema immunitario pro infiammatorio linfocitario TH2

-Ritarda i processi riparatori

-Aumenta la gittata sistolica e aumenta il tono muscolare periferico con conseguente rialzo pressorio

-Riduce la crescita dei fibroblasti ( collagene, ossa, cute)

-Riduce l’assorbimento calcico a livello intestinale

-Riduce il riassorbimento di acqua, sodio e potassio a livello renale

-Inibisce l’ormone della crescita e altera la funzionalità tiroidea inibendo le deiodasi

-Inibisce il testosterone con diminuzione di massa magra e della libido

Infiammazione, iperglicemia e insulino resistenza

Infiammazione, iperglicemia e insulino resistenza

Il ruolo maggiore dell’insulina è quello di portare gli zuccheri del sangue, cioè abbassa la glicemia, portando il glucosio dentro la cellula, nei mitocondri per trasformarli in energia. Oltre un certo limite, gli zuccheri non entrano più nella cellula, mantenendo la glicemia elevata, questo avviene a causa del fenomeno quello definito INSULINO RESISTENZA. Se gli zuccheri non entrano nella cellula e rimangono alti nel sangue, la stessa insulina li trasforma in TRIGLICERIDI ossia in grassi. L’insulino resistenza è la causa maggiore per cui ingrassiamo ma non solo, l’insulino resistenza è la base della cosiddetta Sindrome metabolica in cui, per una serie di meccanismi legati all’insulina, avremo, trigliceridi elevati, colesterolo”cattivo” elevato (LDL) glicemia elevata, emoglobina glicata elevata. Questi valori se trascurati portano successivamente al diabete e alle malattie cardiovascolari.

Ma perché avviene l’insulino resistenza? Fondamentalmente per tre motivi maggiori che vale la pena di analizzare, così che una volta individuato il motivo per cui gli zuccheri non vengono bruciati bensì immagazzinati come riserve di grasso si potrà rompere il circolo vizioso per cui si aumenta di peso.

Gli studi dimostrano il legame tra lo stato di iperglicemia,  infiammazione e stress ossidativo. Questi fattori sono implicati in molte malattie degenerative (diabete II, malattie cardio vascolari etc)

Già 100 anni fa si era notato che una terapia antinfiammatoria a base di alte dosi di salicilati abbassava la glicemia nei pazienti valorizzando l’ipotesi del legame tra infiammazione e iperglicemia. Nel 1957 ad un paziente diabetico (II) che fu trattato con dell’aspirina per una forma di artrite associata a febbre reumatica si vide che il soggetto non aveva più bisogno di dosi quotidiane di iniezioni di insulina.  Fino a studi più recenti dove si conferma l’azione pro infiammatoria dell’iperglicemia e come lo stato susseguente all’iperglicemia ossia il riempimento degli adipociti di trigliceridi (zuccheri trasformati in grassi dall’insulina) liberi sostanze infiammatorie (TNF, IL 6) le quali mantengono lo stato di insulinoresistenza creando quindi un circolo vizioso implicato in malattie varie, obesità, dislipidemie, diabete II, malattie cardio vascolari etc.

 

Steven E. Shoelson et al. (2006) – Inflammation and insulin resistance – J Clin Invest; 116(7): 1793–1801.

Interleuchine

Interleuchine

Al fine di comunicare e mettere in atto la risposta immunitaria più corretta le varie cellule immunitarie secernono delle CITOCHINE o INTERLEUCHINE che sono dei fattori di immunoregolazione, gli INTERFERONI e il TUMOR NECROSIS FACTOR. Vediamo di seguito alcuni esempi.

INTERLEUCHINA 1

È una citochina implicata nel processo febbrile, un sistema per rallentare la progressione dei virus e dei batteri. Sono i macrofagi che producono l’interleuchina 1. Una volta rilasciata essa stimola le cellule TH a produrre Interleuchina 2 una delle principali interleuchine del sistema TH1.

INTERLEUCHINA 2

Principale citochina attivatrice del sistema TH1, quindi contro virus, batteri intracellulari e tumori.  Originariamente definita T-cell growth factor, TCGF (1976), induce la sintesi di INF-γ ela proliferazione e differenziazione delle cellule natural killer aumentandone l’azione citotossica.

INTERLEUCHINA 4

Una delle principali citochine del sistema TH2, migliora la capacità dei linfociti B a produrre anticorpi (più precisamente IgG e IgE). Stimola comunque anche le cellule citotossiche a reagire. Una sovrapproduzione di IL4 può causare delle reazioni allergiche. Studi recenti hanno visto che bassi livelli di IL4  inibiscono gli anticorpi IgE.

INTERLEUCHINA 6

Questa interleuchina è prodotta dai macrofagi, i monociti e le cellule TH2. Essa stimola i linfociti B a produrre anticorpi. Secondo i diversi autori (Vanderhaeghe, Bouic e coll) le patologie autoimmuni da autoanticorpi, le allergie e le infiammazioni sono associate a una sovrapproduzione di IL6.

1.3.10. L’INTERFERONE

Gli interferoni costituiscono la nostra prima linea di difesa immunitaria contro la maggior parte dei virus. Esistono diversi tipi di interferone: Gamma, Beta e Alfa. Gli interferoni proteggono le cellule che non sono ancora state infettate dai virus e le rendono più resistenti. L’interferone blocca il processo di replicazione virale. L’interferone è secreto dalle cellule T al fine di stimolare le NK a combattere nel sito dell’infezione.

1.3.11. IL FATTORE DI NECROSI TUMORALE

Il TNF viene rilasciato dai macrofagi soprattutto dopo essere entrato in contatto con un Lipopolisaccaride (LPS endotossina che compone la membrana cellulare dei batteri Gram Negativi) ma può essere rilasciato dai CD4, le NK, i neutrofili, i mastociti, gli eosinofili e anche dai neuroni. Produce la febbre, combatte alcune cellule tumorali e stimola la produzione di citochine infiammatorie sistemiche.

1.3.12. NF-kBeta (NF-kB)

Una menzione particolare spetta a questo fattore di trascrizione la cui attività è coinvolta nei processi di stimolo pro infiammatorio. Sotto il nome NF-kB si intende una serie di proteine coinvolte nella trascrizione del DNA cellulare. È coinvolto nell’attivazione di un grandissimo numero di geni in risposta a situazioni di stress, infezioni e infiammazioni. Tutte situazioni che richiedono una rapida risposta alla riprogrammazione dei geni. È una molecola di prima risposta in situazioni di stress, spesso iperattiva negli anziani con conseguente attivazione dell’infiammazione cronica. Normalmente risiede nel citoplasma cellulare legato e tenuto fuori dal nucleo da una serie di sostanze chiamate IkB (Inibhitor of Kappa Beta). In situazioni di stress questo fattore viene distrutto da alcune proteasi e il NF-kB è in grado di penetrare all’interno del nucleo e attivare le risposte pro infiammatorie. L’NF-kB è  il regolatore delle risposte del sistema immunitario innato e acquisito. Quindi poter controllare questo fattore di trascrizione diventa fondamentale nel controllare la cascata infiammatoria e le sue conseguenze. Alcune sostanze naturali presenti nelle spezie e nei cibi vegetali possono mantenere legato l’NF-kB all’IKB, tra queste la Curcumina (Curcuma Longa), il Resveratrolo (Uva e vino rosso), lo Zenzero e molti altri polifenoli. Alcuni minerali quali il Magnesio, lo Zinco e il Cromo presenti nell’alimentazione vegetariana, nei carboidrati integrali, nei semi oleosi e nella frutta secca.

Acidosi metabolica e infiammazione

Acidosi metabolica e infiammazione

Lo stato di acidosi si ha quindi per un eccesso di acidi o per una carenza di sostanze basiche (bicarbonati) nel plasma e nei liquidi corporei. Un’alterazione anche minima del pH sanguigno in senso acidogeno è pericolosa per la sopravvivenza quindi il corpo trasferisce gli acidi dal sangue al tessuto connettivo e libera dai tessuti (vedi le ossa) verso il sangue, minerali basici per riportare il pH alla giusta proporzione. Il trasferimento di acidi nel connettivo viene definito acidosi extra-cellulare. L’acidosi metabolica si differenzia dall’acidosi respiratoria, in cui vi è una diminuita eliminazione di anidride carbonica. Lo stato di acidosi metabolica si forma fondamentalmente per tre motivi:

    1. accumulo di acidi “fissi” (non volatili cioè trasformatici in acido carbonico ed eliminati dai polmoni), questa è una parte rilevante dell’alimentazione ed è la grande differenza tra l’alimentazione vegetariana/vegana e quella onnivora:
    2. perdita (vomito, diarrea, sudorazione eccessiva) o carenza di apporto di sostanze alcaline, non volatili, come i bicarbonati, ma anche minerali a reazione basica come, calcio, magnesio, potassio, sodio, zinco; anche in questo caso l’alimentazione vegetariana apporta maggiori quantità di elementi basici rispetti a quelli acidificanti:
    3. malattie renali con ridotta capacità di eliminazione degli acidi.

Il legame tra acidosi e infiammazione e le sue conseguenze è stato ben definito, cito qui alcuni studi. Nel maggio 2013 un articolo apparso su The Journal of biological chemistry dal titolo

“Extracellular acidosis is a novel danger signal alerting innate immunity via the NLRP3

inflammasome.” di Rajamäki K e coll.. dove si evidenzia come fenomeni di acidosi localizzata a livello extracellulare possa scatenare risposte infiammatorie. In questo studio si è visto che l’ambiente “acido” viene captato dalle cellule immunitarie come un segnale pro infiammatorio. Macrofagi umani sono stati messi in coltura in ambiente da alcalino ad acido (7.5 a 6). L’ambiente acido ha attivato una risposta pH dipendente di secrezione IL-1β e attivazione di caspase-1, sostanze pro infiammatorie della risposta immunitaria innata. L’acidificazione extracellulare ha causato una rapida acidificazione intracellulare. Mentre una soluzione alcalina ha inibito le citochine pro infiammatorie. Questi dati suggeriscono il ruolo pro infiammatorio dell’ambiente acido che rappresenta un nuovo pericoloso segnale endogeno di attivazione dell’immunità innata. Gli autori concludono dicendo che “un pH basso può contribuire all’infiammazione in patologie associate all’acidosi quali l’arteriosclerosi e la risposta infiammatoria post-ischemica”.

Sulla rivista Inglese Endocrine Journal nell’aprile 2016 firma di Buehlmeier J e coll. è apparso un articolo dal titolo “Glucocorticoid activity and metabolism with NaCl-induced low-grade metabolic acidosis and oral alkalization: results of two randomized controlled trials.”

Un articolo molto interessante che mette in relazione lo stato di acidosi, la risposta infiammatoria e i livelli di cortisolo, inoltre si fa riferimento ad un Low Grade Metabolic Acidosis (LGMA) ossia ad uno stato di acidosi di basso grado, quello ottenibile con un sovraccarico di acidi da alimentazione in particolar modo dalle sostanze più acidificanti, cioè le proteine animali, pesce compreso oppure ad un eccesso di cloruro di sodio. In questi due trial randomizzati si è dimostrato il ruolo dello stato acido o basico sulla risposta conseguente allo stato infiammatorio cioè l’attivazione dei glucocorticoidi. Anche qui, i ricercatori concludono dicendo che “ in caso di ingestione a lungo termine di cibi abituali acidificanti, tipici di un dieta occidentale possono costituire un fattore di rischio indipendente per la perdita di tessuto osseo e le malattie cardiometaboliche.”. In seguito dettaglierò i danni indotti da un eccesso di glucocorticoidi.

Sulla rivista scozzese Clinical Nutrition nell’ottobre 2016 a firma di Williams RS e coll. è apparso un articolo dal titolo “ Dietary acid load, metabolic acidosis and insulin resistance – Lessons from cross-sectional and overfeeding studies in humans” dove si evidenzia come la dieta media occidentale, ricca in proteine animali e povera in vegetali aumenti il carico di sostanze acide e  lo stato conseguente di leggera acidosi e come queste siano in relazione anche con lo stato di insulino resistenza.

Nella stessa rivista è apparso nell’aprile 2016 uno studio eseguito da Akter S e coll..  su 1732 lavoratori  dal titolo “High dietary acid load is associated with insulin resistance: The Furukawa Nutrition and Health Study” dove si evidenzia come il PRAL (Potential Renal Acid Load) e il NEAP (Net Endogenous Acid Production)  indicatori dello stato di acidosi da introiti alimentari sia in relazione all’aumento dell’HOMA IR cioè l’incide di insulino resistenza. Anche in questo caso gli autori concludono dicendo “ I dati presenti suggeriscono che una dieta con un alto carico di acidi è associata con Insulino-Resistenza tra adulti apparentemente sani.”

Concludo questa piccola carrellata di studi sulla relazione tra acidosi, infiammazione e malattie con questo studio apparso nel 2012 sulla rivista Nutrition and Metabolism dal titolo “Examining the relationship between diet-induced acidosis and cancer” di Robey IF.

dove si evidenzia come lo stato di acidosi indotto dalla dieta possa influenzare le attività molecolari a livello cellulare che promuovono la carcinogenesi o la crescita tumorale, in particolare si evidenzia il ruolo dell’acidosi metabolica nella secrezione di cortisolo, di IGF1, le citochine pro infiammatorie degli adipociti, l’attivazione degli osteoclasti e la disregolazione del metabolismo cellulare.

Ci sono centinaia di studi che evidenziano il ruolo potenziale pro infiammatorio della dieta onnivora in contrasto al ruolo antinfiammatorio della dieta vegetariana, questo è un primo passo per capire il motivo per cui una dieta vegetariana garantisce uno stato di salute migliore ossia, in primis, il minor carico di acidi nell’organismo.

 

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L’infiammazione acuta e cronica

L’infiammazione acuta e cronica

L’infiammazione è un meccanismo di difesa innato del nostro corpo e serve a proteggerci da stimoli dannosi esterni e lesivi, che coinvolge le cellule danneggiate, i vasi sanguigni e le proteine al fine di riparare i tessuti danneggiati, rimuovere i tessuti necrotici e iniziare a ripararli. Inoltre le sostanze infiammatorie possono distruggere diversi tipi di antigeni potenzialmente lesivi o tossici (batteri, virus, tossine, sostanze estranee penetrate nel corpo). Gli stimoli lesivi, quali essi siano, innescano una risposta vascolare e connettivale chiamata appunto infiammazione o flogosi, con lo scopo di diluire, distruggere, isolare e iniziare a riparare i tessuti danneggiati.

Si deve al Premio nobel della medicina Elie Metchnikoff la scoperta dei meccanismi, che lui chiamò, di fagocitosi. Fino ai primi del ‘900, si pensava che quelle stesse cellule fagocitanti (leucociti) fossero loro a creare le infezioni. Lui ebbe un’intuizione e infilò delle spine di rosa in alcune stelle marine e guardando al microscopio vide che un giorno dopo erano ricoperte da cellule che stavano attaccando e mangiando i batteri che ricoprivano le spine, processo ancora oggi noto come fagocitosi. Elie Metchnikoff non solo scoprì questo meccanismo fondamentale della risposta infiammatoria, ma con i suoi studi all’Istituto Pasteur scoprì l’importanza di alcuni bacilli fra cui il Lactobacillus Bulgaricus che si forma nel latte acido ed impedisce ai composti della putrefazione intestinale, prodotti dai batteri patogeni proteolitici, di “intossicare” il corpo. I Lactobacilli, fermentando il lattosio del latte producono un pH basso, da qui Lactobacilli in quanto producono acido lattico, e in questo ambiente crescono i batteri “buoni” saccarolitici e si inibisce la crescita dei patogeni, proteolitici. A lui va il nome di padre dei fermenti lattici, in quanto un’alterata flora batterica altera la risposta immunologica in senso infiammatorio cronico e si riconosce questa come una delle cause della infiammazione cronica di basso grado. La flora batterica “buona” si nutre fibre vegetali e quella “cattiva” di proteine o amminoacidi, da qui un altro motivo essenziale per avere un alimentazione vegetariana. Le fibre sono esclusivamente presenti negli alimenti vegetali, sono dei polisaccaridi che non vengono digeriti e quindi non vengono alla fine utilizzati come glucosio ma vengono “fermentati” dalla flora batterica “saccarolitica”, lactobacilli e bifidi in particolare,  i quali svolgono un’importantissima funzione immunomodulante e di controllo dell’infiammazione, inoltre con la fermentazione producono acido lattico, abbassando il pH della prima parte dell’intestino crasso, condizione favorente l’eubiosi e il controllo dei patogeni. I cibi di derivazione animale invece “alimentano” i batteri patogeni quali: E.coli, Clostridium, Bacteroides etc, i quali liberano ammoniaca, alzano il pH della parte terminale del colon creando le condizioni di disbiosi e sono responsabili della maggior parte delle patologie intestinali dalla stipsi alle malattie più gravi fino al cancro al colon, molto più presente nelle persone con alimentazione ricca in carne e grassi saturi.

Daniele Santagà D.O.